Torta con la farina di sorbe selvatiche torminalis.
Questo dolce è il risultato di un lungo percorso. Iniziato nel settembre 2022 con la raccolta delle bacche, la cernita di quelle che non adatte ad ammezzire ma piuttosco seccare, la pulizia dei piccioli, il processo di essicazione naturale, quindi la macinazione la domenica del 15 gennaio 23. Quest’ultima è stata un’incognita fintanto che la farina è cominciata a scendere dal mulino. In tutto e per tutto il risultato è stato straordinario sotto ogni punto di vista. Comiciamo con il proporre il video della macinazione (link) e la ricetta che ovviamente è stata inventata, visto che parliamo di un’operazione culinaria e culturale inedita, quantomeno qua in Italia.
Dolce appena uscito dal forno. Elsbeere è il nome tedesco delle torminalis
La ricetta è volutamente scarna all’osso, si sono usati ingredienti il più possibile neutri affinchè nessun sapore possa interferire alla protagonista: la farina di sorbe. Quindi uova e farina perseguono il solo obiettivo di garantire la migliore consistenza. Anche l’olio di girasole è stato preferito a quello di oliva perchè quest’ultimo ha in generale un sapore più forte.
Consistenza superficiale
La farina di sorbe selvatiche appena macinata
Procedimento
Gli ingredienti sono essenziali e così è la procedura. In una terrina si miscelano le farine si aggiunge l’olio e il tuorlo delle uova. Forse per l’olio sarebbe stato meglio dire q.b. ma ne aggiungendone poco alla volta per ottenere una pasta molto densa ne abbiamo usati circa 50 gr. Il bianco delle uova l’abbiamo montato e aggiunto dopo cosicchè, una volta mischiato con la pasta densa, potesse aiutare l’azione del bicarbonato in cottura. A questo punto si mette in forno. noi abbiamo cotto per 45 minuti abbondanti a 180 gradi, perchè l’impasto risultava piuttosto umido. Maglio però sorvegliare la cottura.
Bacche selvatiche torminalis ad inizio essicazione
Risultato
Quel che si ottiene è un dolce assolutamente unico per sapore, fruttato, agrumato, con richiami alla frutta secca quali mandorle e meno la nocciola. In Austria dicono che le sorbe di trominalis richiamano il marzapane. Forse si, ma non ce la sentiamo di confermre del tutto questa affermazione. La consistenza è morbida grazie a una lievitazione che ci ha sorpreso. Probabilmente la farina di sorbe si amalgama più di quanto sospettassimo. Certamente la farina e il bianco montato hanno fatto il grosso. L’apparenza è un dolce al cioccolato per il colore. Ma di cacao non c’è neppure un grammo.
Questa ricetta rientra nelle mie ricerche su come utilizzare le sorbe torminalis (sorbo ciavardello) come alimento.
Questa volta ho realizzato un dolce autunnale o invernale che potrebbe appartenere alla categorie dei pandolci.
In questo caso le sorbe sostituiscono sontuosamente un elemento morbido, come potrebbe essere l’uvetta. Rispetto a quest’ultima rimane la consistenza, cala l’effetto dolce, si avverte la presenza di vitamina C, quindi una punta che richiama gli agrumi e un sapore che richiama il marzapane. Ho utilizzato la mia consueta procedura per ottenere pane con la pasta madre e bando alle ciance. Ho fatto così:
Ingredienti (f=farina):
250gr f segale
100gr amido di mais
50gr f riso
30gr f saraceno
pasta madre f segale + f bianca
2,5gr vitamina c (ascorbico)
1 gr lievito birra secco
1gr semi aneto
12gr Evo
2 cucchiai colmi di miele
2 cucchiai colmi di malto d’orzo
75 gr sorbe ammezzite
75 gr gherigli di noci
75 gr fichi secchi
Operazioni preliminari
Si può partire sminuzzando sorbe (foto sopra), noci e fichi secchi, quindi mischiarli in un unico recipiente. Con i fichi ho usato il coltello con il resto alcuni colpi di mixer. A questo punto ho preparato l’impasto di pasta madre.
Procedura
Normalmente io ravvivo due vasetti di pasta madre, uno a base di farina bianca, uno a base di segale, ma ognuno può usare quella che vuole. Introduco le due paste madri in un’impastatrice con 200cc di acqua con spezie, nel caso semi di aneto, un pizzico di lievito secco, olio EVO, l’acido ascorbico (aumenta la forza dell’impasto e facilita la coesione della parte grassa), quindi amalgamo. Introduco poi le farine e l’amido, impasto aggiungendo acqua, circa 350 cl alla fine. Una volta ottenuta la giusta consistenza aggiungo miele, malto, e la frutta sminuzzata. Rimpasto, quindi lascio lievitare per circa 12 -14 ore.
In questo caso ho informato sperimentalmente nel forno della stufa e il risultaot è stato ottimo. Altrimenti a 22o gradi in formo per circa 25 – 28 minuti. Ecco tutto.
Il risultato l’ho chiamato Pansucrè alle sorbe. Perfetto per la colazione, Si taglia in fette senza sbriciolarsi, dolce ma non troppo, gustoso.
Le sorbe torminalis per essere consumate fresche devono ammezzire. Se questo processo avviene diventano molli, quasi gonfie. Se si schiacciano le bacche si comportano similmente a una rosa canina, ovvero fuoriesce una crema saporita e piacevolmente asprigna per la presenza di vitamina C.
In realtà, quantomeno con gli alberi con cui sono entrato in contatto, nel padovano, solo una percentuale ristretta di bacche prendono la strada dell’ammazzimento spontaneo, misurabile in un 15% – 20%. La maggior parte cade dall’albero e tende ad indurirsi e a seccare. Non esiste una relazione stretta con le dimensioni, anche se è più facile che .le più grandi vadano ad ammezzire, le più piccole a seccare.
Per ottenere sorbe ammezzite ho seguito tre strade:
selezionare sorbe che naturalmente ammezziscono o sono già ammezzite. Probabilmente questa tipologia di sorba è la più cremosa;
mettere a bagno sorbe ormai secche ma scurite per circa 4 giorni. Il risultato è buono. Le sorbe rammolliscono. Vanno comunque lasciate scurire prima per circa un mesetto dopo la raccolta a terra. Di fatto scurendosi si trasformano da aspre e acide a mature, seppur secche. Più precisamente la bacca immatura è marrone chiaro. Nella foto sopra si vedono bacche mature (intinte nel miele). Si nota il colore bruno.
lasciare all’aperto in una vassoio le sorbe se il clima di fine ottobre è umido e consente quindi un’adeguata umidificazione delle sorbe. Il vassoio tende a raccogliere umdità, lasciando in particolare che la rugiada si accumuli e permanga. In terra l’essicazione non si arresta. Io le ho lasciate una ventina di giorni. Le bacche sono ammazzite, anche se risultano meno cremose.
Una volta ammezzitte si possono semplicemente consumare, a colazione anche nel miele o nel malto, a pranzo e a cena come frutta. io ho creato ancheun pane dolce di cui riporterò una ricetta.
Riferimenti: La Sapienza estinta delle sorbe torminalis VAI
Premessa: la cultura scomparsa delle sorbe torminalis
Qualcuno forse avrà sentito parlare di marmellate fatte con le sorbe del sorbo dell’uccellatore, senz’altro l’albero più noto della famiglia. Altri potrebbero sapere delle sorbe del sorbo domestico: ammazzite prima di essere degustate. A pochissimi è giunta voce delle sorbe del sorbo montano (sorbus aria), utilizzato nelle vallate come farina integrativa a quella di castagne, ma le sorbe del sorbo ciavardello (sorbus torminalis)? Una cultura alimentare che non solo pare estinta, ma di cui non si trova neppure note dell’avvenuta estinzione. Almeno qua in Italia. Perchè in Austria esiste, badate bene, un presidio slow food, tutto dedicato alle sorbe torminalis, elsebeere. Ricavano frutta secca, una specie di cioccolato/nocciolato, distillati e qualche altro alimento; dal pregiato legno ottengono oggetti d’ebanistica.
Eppure in Italia il sorbo ciavardello c’è, esiste e non si può credere che gli antichi non si siano accorti che ad inizio autunno si riempie di piccole bacche marroni, ricche di sostanze nutritive, versatili e pure buone se si sa aspettare. Certo, il pasto te lo devi guadagnare con una bella dose di lavoro.
Confesso che nella mia breve visita in Austria al presidio Elsebeere non ho avuto modo di raccogliere ricette a base di bacche torminalis, forse non ce ne sono, a parte i prodotti elencati, allora mi sono dato da fare. Ci sarebbero altre cose da dire su questo albero e su queste bacche ma mi sta venendo fame.
Preparazioni preliminari comuni
Abbiate pazienza, non c’è nulla di complicato, ma parliamo di un cibo scomparso dalla mente umana e che richiede alcune attenzioni.
Si deve sapere che le sorbe sono piccoline, quella sotto è una tazza da thè. All’interno ci sono dei frutti che sono stati fatti ammazzire per una settimana abbondante e degustati in malto d’orzo. Perché la prima cosa che ho scoperto è che le più grandi (intorno al cm) tendono a maturare, ramollire e non si seccano, quantomeno se poste in un ambiente quale una cantina, a temperatura tardo estiva, 24 – 26 °C). Appena colte, raccolte da terra, sono astringenti. Rammollite diventano molto piacevoli. Per colazione con malto o altro succedaneo il risultato è: “slurp!” Quindi la prima ricetta è già fatta.
Quelle piccoline seccano e allora una buona idea è farne farina. Per farsi un’idea riporto la foto sotto. Si vede la trasformazione in circa 20 giorni.
Il risultato, macinando con un vecchio macinino per il caffè, è questo:
Parliamo di una farina che ha un marcato sapore fruttato, retrogusto mandorla e che ho preferito conservare in frigo per 3 giorni. Cosa fare? Ho inventato almeno quattro piatti ma me la sento di descriverne 2, o forse 3. I nomi sono ovviamente di mia invenzione. E via con la prima.
Sorbuzzole
Ricetta
Caratteristiche
Parliamo di dolcetti freschi, senza alcuna fase di cottura, facili da fare e che conservano tutte le potenzialità nutritive delle sorbe.
Ingredienti*:
70 gr farina di sorbo
40 gr di mela secca
Malto d’orzo (o miele per chi non è vegano) quanto basta
Granelle di frutto secca e/o cioccolato fuso
Preparazione
Si macinano le mele secche fino ad ottenere una farina. io ho usato un vecchio macinino da caffè. Si miscela in una ciotola capiente la farina ottenuta e quella di sorbe. Si aggiunge il malto poco alla volta, fino ad ottenere una pasta molto densa. Si ricavano allora delle palline di circa 2cm di diametro che possono essere fatte rotolare sopra un letto di granella o ricoperte da cioccolato fuso. Una delizia.
Sorbecker
Caratteristiche
Ci avviciniamo al pianeta cracker anche se, scegliendo una farina di grano antico, si rinuncia a un pò di fragranza per premiare consistenze e sapori più rustici. Nulla vieta di utilizzare una farina di grano tenero.
Ingredienti:
100 gr farina senatore cappelli
60 gr farina di sorbo
2 gr lievito birra
sale
20 olio EVO
Preparazione
Si scioglie il lievito in una tazzina con acqua tiepida. Si mischiano a secco le due farine in una ciotola capiente, quindi si comincia a miscelare aggiungendo acqua e l’olio, il lievito sciolto, infine il sale, fino ad ottenere un impasto simile a quello del pane. Con un mattarello si ottiene una sfoglia spessa sui 2mm, come da foto sopra. Usando un coltello si incide la sfoglia in modo da dividere nei futuri cracker. Si mette una pellicola sopra in modo che non si secchi e si lascia lievitare per un’ora. Si inforna a 200 gradi per 10 minuti, si apre si bagnano i cracker con un pennello o uno spruzzatore e si informa per altri 5 minuti circa. Fatta. Il risultato è la foto in cima all’articolo.
Ciavarcrok
Caratteristiche
Parliamo di un croccante al sorbo, quindi un dolce. Il nome riprende il nome comune più noto del sorbo: ciavardello.
Ingredienti:
50 gr farina di sorbo
100 gr zucchero di canna
25 gr granella (ho usato quella di mandorle)
Preparazione
Si fonde lo zucchero in un pentolino. Si incorpora granella e farina di sorbo nello zucchero fuso, si amalgama, quindi si depone il composto su un foglio di carta forno posto su un piano. Si copre il composto superiormente con un altro foglio, quindi con un mattarello passare velocemente prima che si solidifichi. Si lascia quindi raffreddare ottenendo il croccante come da foto.
Note conclusive
Certamente i nostri avi, nello sfruttare le sorbe torminalis, non avranno prodotto cracker o croccanti. Probabilmente avranno ricavato farina da utilizzare per fare minestre, pane, integratori di qualche pietanza. Tuttavia dal mio punto di vista la lavorazione di queste bacche è un’operazione squisitamente culturale, perché si raccoglie un bandolo dimenticato nell’immensa sapienza della natura. Il mio legame con questo albero ha radici antiche e questa ricerca è un primo capitolo conclusivo.